Chi è il giocatore d’azzardo patologico?

Si fa presto a dire giocatore d’azzardo. Ma chi si cela sotto questa etichetta? Per rispondere a questa domanda possiamo percorrere diverse strade: quella degli artisti, quella del Bar sottocasa e quella delle analisi scientifiche. Qui ne diamo conto offrendo alcuni consigli conclusivi in ordine alla prevenzione e alla cura. 

Caravaggio ah dipinto così il demone del gioco
Caravaggio ha dipinto così il demone del gioco nel 1594

La via degli artisti

Se guardiamo agli artisti scopriamo subito che il giocatore d’azzardo non è certo una novità del nostro tempo. Ecco come Caravaggio dipinge il gioco d’azzardo alla fine del XVI secolo. Lui stesso ne fu vittima.

Basta poi spostarsi sulla letteratura e scopriamo la magnifica descrizione che Dostoevskij ne ha dato nel romanzo pubblicato nel 1866. In esso narra la vicende di personaggi della borghesia europea, che, in un modo o nell’altro, sono preda del demone del gioco che rovina la loro esistenza. Tale demone colpisce persone di diversa estrazione sociale e di diversa nazionalità. E’ quasi una premonizione dell’attuale condizione umana e sociale del gioco d’azzardo patologico. Potrebbe essere una bella idea per una lettura o rilettura estiva.

La via del Bar

C’è poi un metodo praticissimo per vedere e conoscere i moderni giocatori d’azzardo: scendere nel primo bar sottocasa che ospita le fatidiche macchinette (VLT e SLOT) e fermarsi con discrezione a guardare coloro che immettono euro a tutto spiano nelle apposite fessure. Provateci, vi accorgerete che non sono certo campioni di intelligenza e portamento. Vi troviamo uomini e donne, di mezza età ed anziani perlopiù, vestiti male mediamente, che spesso odorano d’alcol, segno che i demoni che li possiedono sono più d’uno. E’ impressionante, ritornando in un bar alla stessa ora per il caffè, vedere che le facce dedite al penoso gioco sono sempre le stesse. Le Slot fidelizzano, come i supermercati.

La via delle analisi scientifiche

Dopo queste vie concentriamoci brevemente sulla letteratura scientifica. La tabella qui riportata da uno studio che ho già citato precedentemente ci aiuta a suddividere tutta la popolazione rispetto al comportamento verso il gioco. Ci suddivide in 5 livelli.

Categorie di giocatori d'azzardo. Elaborazione di Serpelloni
Categorie di giocatori d’azzardo. Elaborazione di Serpelloni

Per il livello 0 e il livello 1 non ci sono problemi, non si gioca o si gioca solo per puro divertimento sapendo conservare i giusti limiti.

Nel livello 2, quello del gioco problematico che causa conseguenze avverse sulla vita (forti perdite economiche iniziali, crisi del lavoro e delle relazioni affettive), siamo ancora in tempo per porre rimedio. Questi giocatori sono quelli che rispondono bene al trattamento di cura.

Ma questo livello è molto problematico. E’  come stare su un piano inclinato. Si sta qui per una finestra temporale limitata. Si fa molto in fretta e scivolare verso il livello 3, quello in cui il coinvolgimento nel gioco e nelle sue conseguenze è drammatico e si accompagna alla negazione del problema. Quando poi si tocca il fondo della disperazione allora si riaprono, nel livello 4, alcune possibilità di cura.

Cosa ci suggerisce questa categorizzazione?
  1. Primo: occorre lavorare sulla prevenzione e rimanere nei livelli 0 e 1. Specie coi giovani e con gli anziani a rischio.
  2. Secondo: quando ci rendiamo conto che qualcuno dei nostri conoscenti è al livello 2 occorre intervenire in modo rapido e deciso sfruttando il momento in cui il giocatore si sta spaventando della sua condizione e chiede aiuto. Ci si può rivolgere a servizi specialistici delle ASL (ambito stigmatizzante ma quasi gratuito in genere), o a professionisti privati (ambito più discreto ed accettabile, ma che richiede un costo).
  3. Terzo: al livello della negazione occorre agire d’autorità e coinvolgere i servizi di cura, a volte occorre ricorrere a forme d’interdizione che fermino la persona dal gettarsi nel baratro e trascinare con sé la famiglia intera. Toccato il fondo sarà possibile con fatica e forza tornare a vedere la luce.

C’è dunque da fare per tutti. Non possiamo stare a guardare i nostri familiari, i nostri concittadini, che si rovinano con le loro mani. Prevenzione, cura, riabilitazione sono gli ambiti in cui possiamo tutti fare qualcosa. Anche solo una pacca sulla spalla e un sorriso agli ossessi che immettono euro nelle macchinette accanto alle quali noi beviamo il caffè.

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