Famiglia Si’, Familismo amorale No!

Si è svolta a Giussano giovedì 14 gennaio 2016 una bella conferenza sulla denuncia del Familismo Amorale, come radice culturale di tanti comportamenti illegali e immorali presenti ancora nel nostro paese. Tenuta dal Prof. Raffaele Mantegazza, Pedagogista, e introdotta da Cesare Palombi di AFI con la collaborazione del Comune di Giussano e di Libera, è stata occasione di crescita e riflessione per tutti i presenti e per questo ne diamo notizia e rilanciamo la riflessione sul nostro sito.

Mantegazza a Giussano
Familismo Amorale e cultura mafiosa

Scrive Umberto Galimberti: “l’Italia è un paese in cui i vincoli sono ancora di parentela e non ancora di cittadinanza, dove la legge del sangue è più forte della legge della città”. Nel 1958 il sociologo Banfield coniò l’espressione “familismo amorale”, per indicare quei comportamenti che molte famiglie tendono ad assumere e che sono volti ad avvantaggiare se stesse (o la propria parentela,  il clan di appartenenza, ecc ) a scapito dei diritti degli altri. Qualsiasi associazione mafiosa, come è noto, si fonda su vincoli familistici e perciò antepone le leggi della famiglia a quelle della città.  La mafia è solo la forma più vistosa e truculenta del costume diffuso in chiunque antepone il parente, l’amico, il raccomandato, il segnalato a chi davvero merita, a prescindere dai rapporti di parentela e di conoscenza. Non sconfiggeremo mai la mafia finchè tutti quanti, nel nostro ambito di competenza, non debelleremo quel comportamento che antepone il vincolo di parentela al vincolo di cittadinanza”. Il tema del familismo è stato al centro di una conferenza che si è tenuta a Giussano il 14 gennaio scorso, promossa dall’Assessorato alla Legalità in collaborazione con AFI e Libera,  relatore Raffaele Mantegazza, docente di Pedagogia all’Università Bicocca di Milano.  Nell’introduzione Cesare Palombi, presidente di AFI, ha rimarcato che la famiglia rimane l’agenzia educativa primaria, dove si imparano i comportamenti basilari per la civile convivenza e la costruzione del bene comune. Si è detto convinto che la lotta contro le mafie è innanzitutto una sfida educativa che deve estirpare alla radice la cultura che genera questo fenomeno malavitoso. A questo scopo, occorre cambiare il nostro stile di vita, imparando a:  non essere indifferenti e girarsi altrove per garantirsi un falso quieto vivere, ma a denunciare; non chiedere favori alla politica, divenendo ingenui complici di un sistema propedeutico alla corruzione, quindi fortemente esposto alla collusione mafiosa; non sostenere un’economia che uccide e strangola le forze produttive sane del nostro territorio esercitando un consumo più consapevole.

Cesare Palombi e l'Assessore ...Il responsabile di Libera e l’assessore hanno insistito sull’importanza che la scuola e la famiglia uniscano le forze nello sforzo quotidiano di educare i futuri cittadini ai valori della responsabilità civile. Raffaele Mantegazza ha spiegato come storicamente i totalitarismi, quando hanno voluto conquistare un territorio, prima di ricorrere agli attentati o alla corruzione, hanno puntato alla conquista delle maggioranze silenziose, di quella zona grigia, costituita dalla massa critica di persone oneste che magari lo sono solo perchè non c’è stata l’occasione della disonestà. I poteri criminali crescono e si rafforzano in quanto sostenuti inconsapevolmente da chi tende a sminuire l’importanza del rispetto delle regole, a dire “ma sì, cosa vuoi che sia…”’ Oggi in Italia siamo al punto che chi rispetta le regole viene ridicolizzato, passa per fesso. Ma il cinismo e il nichilismo sono i maggiori alleati delle mafie. Il  personaggio mafioso esercita un’attrattiva che non va sottovalutata: fare il mafioso è bello (hai soldi, auto, donne..!). Dobbiamo capire che per essere all’altezza della sfida occorre saper trasmettere un messaggio di pari potenza, ovvero che essere onesti è bello, perché fa star bene, perché si sente che si sta facendo la cosa giusta. Dentro una società che ha stabilito che il denaro è l’unità di misura di ogni cosa, perfino del sesso e dei sentimenti, va sostenuto con forza che alcune cose non hanno prezzo, che i soldi non possono comprare tutto, che la gratuità è un valore in sè. Nella scuola e in ambito educativo la competizione andrebbe rimossa, mentre andrebbe insegnata la socialità, il lavorare insieme. La scuola non è il posto dove riprodurre le dinamiche delle differenze sociali. Se in classe il più bravo aiuta chi è più indietro, entrambi ci guadagnano, il primo perché impara l’importanza dell’aiutare, l’altro perchè saprà un po’ più di matematica o d’italiano (specialmente se la sua famiglia proviene da un altro paese…). La scuola è importante in quanto è l’istituzione, è il luogo dove, diversamente che in famiglia, si impara a fare la fila, a rispettare il proprio turno, è la palestra della democrazia! Per questo i luoghi istituzionali dovrebbero essere sempre posti belli, curati, mai consegnati al degrado. Dobbiamo tutti imparare che non esistono scelte neutre, che è a partire dal piccolo, dal nostro ambito che si può aspirare a conquistare la zona grigia, anche se sarà un lavoro lungo e faticoso.

D.T.

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