Mafia: un libro per conoscere e agire

Negli ultimi trent’anni è stato fatto molto per conoscerla e combatterla meglio, ma ancora oggi esiste una barriera di luoghi comuni che la protegge.
Comprendere che la vera forza della mafia sta fuori di essa, nelle alleanze e nei servigi che le giungono da una “zona grigia” più o meno consapevole o nelle mille forme di pigrizia culturale, vuol dire anche ripensare radicalmente i modi per contrastarla. E riconoscere che il problema non è solo di forze dell’ordine, magistrati o di organi istituzionali; vuol dire sottrarsi alle suggestioni eroiche che circondano talvolta i protagonisti dell’antimafia, e promuovere movimenti di cittadini “semplici”, portatori di superiori livelli di libertà e di etica pubblica.

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Nando Dalla Chiesa propone nel suo più recente libro “Manifesto dell’Antimafia” un’intensa e illuminante analisi frutto della sua lunga esperienza di attivista appassionato e docente ricercatore nel campo della sociologia. Per combattere la mafia è necessario primariamente superare un ostacolo decisivo: riconoscere la presenza malavitosa nel Nord Italia. Qui infatti queste organizzazione criminali non hanno radici storiche, si infiltrano senza far rumore nel tessuto sociale, finché indagini come l’operazione “Crimine-Infinito”, conclusa nel luglio 2010 con l’arresto di 154 persone, ne svela la pericolosità e chiarisce i contorni della presenza mafiosa nel Nord Italia. Esse hanno successo perché possono contare sul sostegno, esplicito o implicito, di tre “categorie antropologiche”, le tre C, che Dalla Chiesa etichetta come “complici”, “codardi” e “cretini”. I primi sono i fiancheggiatori, coloro che prestano i propri servigi all’organizzazione (qui la C assorbe anche la categoria di “corrotti”) , mentre i secondi sono quelli che per viltà “non vedono, non sentono e non parlano”, sono i Don Abbondio che permettono ai Don Rodrigo di spadroneggiare, senza ripensamenti di coscienza. La terza categoria non solo è rappresentata da persone che non conoscono, ma anche caratterizzate da “inettitudine alla vita pubblica” e disimpegno politico. Emblematico il Discorso sulla Costituzione di Piero Calamandrei riguardo a questo punto dolente:

«Quando sento dire che la politica è una brutta cosa, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina, di quei due emigranti, due contadini, che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime e il piroscafo oscillava: E allora questo contadino impaurito domanda a un marinaio: “Ma siamo in pericolo?”, e questo dice: “Se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda”. Allora lui corre nella stiva svegliare il compagno e dice: “Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda!”. Quello dice: ” Che me ne importa, non è mica mio!”.

Questo è l’indifferentismo alla politica.

La forza della mafia sta dunque nei comportamenti complici e funzionali, che stanno, utilizzando un’espressione letteraria, nella “zona grigia”, nella quale le relazioni tra persone del mondo legale si mescolano con le associazioni criminali, dove è difficile da distinguere il “bianco” dal “nero” e le operazioni compiute al suo interno sono spesso ai limiti della legalità.

Il binomio complicità-ignoranza rafforza l’invisibilità delle mafie, rendendo più difficile il loro riconoscimento nelle aree di nuova espansione territoriale. Qui giocano un ruolo fondamentale le associazioni antimafia locali, che sono sollecitate a fare un salto di qualità: non è più sufficiente che pronuncino discorsi da trascinatori di folle, ma è necessario dire cose sgradevoli, scomode che servono “a far pensare, più che a prendere applausi”. Nonostante la dura analisi della situazione e le critiche, il bilancio è più che positivo: non si può dire che la mafia di oggi sia più forte di trent’anni fa, sia grazie all’instancabile lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, sia alla crescita dei movimenti antimafia e dei fenomeni culturali correlati.

Questo breve saggio vuole essere un efficace vademecum per le associazioni e per le famiglie che vogliono approcciarsi al fenomeno mafioso per costruire una società informata, amante della libertà e ricca di partecipazione. Nando Dalla Chiesa propone un importante “schema dell’antimafia possibile” con il quale fornisce ai cittadini un semplice strumento per la costruzione della legalità. LEGGETELO!

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Un pensiero su “Mafia: un libro per conoscere e agire”

  1. Cerchiamo di aiutare a vivere stili di vita che estirpano dalle nostre abitudini il familismo. Si invita a mettersi in gioco, senza eroismi, ma trovando soluzioni professionali, modalità di consumi e stili di vita all’insegna del Bene Comune e non solo dell’interesse personale e familiare. Questo seppur legittimo, se in contrasto con il Bene Comune diviene familismo, quindi un comportamento favorevole al radicamento del fenomeno mafioso.
    Cosa intendo dire? Che ciascuno è invitato a distinguere tra un Economia Civile e una Incivile perché collusa con le mafie, non solo quelle criminose, scegliendo di promuovere e sostenere concretamente un Economia LIBERA dalle mafie che stanno stritolando la nostra Brianza. Come? Con la Family Card https://www.famigliaportavalori.it/?page_id=1124 e i Gruppi di Acquisto Familiari https://www.famigliaportavalori.it/?p=1477 . Shalom Cesare

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