NON POSSO AIUTARTI… SENZA DI TE: la sussidiarietà circolare (parte seconda)

Riprendiamo l’approfondimento dei principi ispiratori delle nostre progettualità studiati dall’economia civile. Dopo aver approfondito nello scorso numero il welfare generativo parliamo del principio di sussidiarietà circolare.

Se, come abbiamo visto, è necessario che sia la società nel suo complesso a prendersi cura dei suoi cittadini in modo universalistico, è evidente che occorre mettere in interazione strategica i tre vertici di un “triangolo magico”, cioè le tre sfere di cui si compone l’intera società:

  • la sfera dell’ente pubblico (stato, provincia, regioni, enti parastatali, ecc.),
  • la sfera delle imprese, ovvero la business community,
  • la sfera della società civile organizzata, quella dell’associazionismo (volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative sociali, organizzazioni non governative, fondazioni).

NO profit, impresa ed ente pubblico devono interagire tra di loro in maniera organica e sistematica sia in fase di progettazione degli interventi sia nel momento della loro esecuzione.

Sussidiarietà Circolare
NO profit, impresa ed ente pubblico devono interagire tra di loro in maniera organica e sistematica sia in fase di progettazione degli interventi sia nel momento della loro esecuzione.

Ebbene, l’idea della sussidiarietà circolare è tutta qui: le tre sfere devono  poter trovare modalità di interazione sia per progettare gli interventi che si ritiene di porre in campo sia per assicurarne la gestione. E’ più che mai necessario cominciare a parlare di sussidiarietà circolare perché privilegiare il rapporto tra ente pubblico e NO profit tipico della sussidiarietà orizzontale non è più sufficiente.

Il vantaggio di adottare il welfare generativo e il conseguente principio della sussidiarietà circolare sta nella possibilità di superare le difficoltà del welfare state di cui abbiamo parlato.

Innanzitutto, con questo modello sarebbe possibile reperire le risorse necessarie dal mondo delle imprese. Quando si dice “mancano le risorse” ci si riferisce normalmente a quelle pubbliche, non a quelle private, che al contrario, sono ben presenti. Il punto è che sinora nessuno ha pensato di attingere a queste risorse, quelle provenienti dal mondo delle imprese, per incanalarle verso la fornitura di servizi di welfare.

In secondo luogo, la presenza dell’ente pubblico diventa fondamentale all’interno di questo meccanismo, in quanto esso deve vigilare per garantire l’universalismo. Il pericolo dell’esclusione di alcuni gruppi sociali dalla fruizione dei servizi deve essere sempre tenuto presente.

Il mondo della società civile, che noi continuiamo a chiamare NO profit o terzo settore (ma sarebbe meglio parlare di organizzazioni della società civile), occupa un posto  speciale nella triangolazione in quanto portatore di conoscenze specifiche. Chi può sapere meglio di un’associazione di volontari se in un certo quartiere della città c’è qualcuno che avverte un particolare bisogno? Queste informazioni possono pervenire solo da chi opera sul territori, vicino alle persone. Inoltre, questi soggetti sono nella condizione di poter assicurare modi di gestione e capaci di elevare la qualità.

Alla luce di quanto precede, si comprende anche meglio quale sia la nuova frontiera degli enti locali. Il Comune è una invenzione  squisitamente italiana: i primi Comuni nascono a partire dall’XI secolo, il secolo del risveglio europeo, i Comuni sono stati una grande forza di sviluppo sociale ed economico e soprattutto di incivilimento. Del modus operandi dei comuni è rimasta traccia nella stessa architettura: nella piazza principale della città, infatti, c’è il municipio, la cattedrale e la loggia dei mercanti.

Questa struttura corrisponde esattamente alla triangolazione Ente Pubblico – Società Civile – Mondo dell’Impresa di cui abbiamo parlato sopra e che nelle nostre progettualità si traduce con: la rete dei “Comuni Amici della Famiglia”, l’associazionismo familiare (nelle sua articolazioni sia formali che informali), la rete delle imprese “Family Friendly”.

Alessandro Radaelli

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